associazione filippo astori
Cos’è l’albinismo?
E’ una condizione ereditaria, dovuta ad una carenza di melanina, una malattia genetica che colpisce un po’ ovunque nel mondo, indipendentemente dal genere o dall’etnia, sebbene l’incidenza sia molto variabile. Colpisce una parte significativa della popolazione dell’Africa sub-sahariana. In tutta l’Africa incontrare persone affette da albinismo è comune, molto più che in Europa o in altri continenti. Infatti i casi riscontrati nell’Africa sub-sahariana sono di circa 1 ogni 2.000-4.000 abitanti, in Namibia l’incidenza più elevata 1 su 1.755, in Tanzania nell’ultimo censimento del 2012 il rapporto era di 1 su 2.673.

Le persone affette da albinismo hanno pelle, occhi e capelli chiarissimi e sono estremamente sensibili agli effetti dannosi del sole africano, sviluppando più facilmente tumori epidermici e riducendo in genere la protezione del sistema immunitario e quindi anche l’aspettativa di vita.

Ma essere albino in alcune zone dell’Africa, fra cui la Tanzania, implica rischi per la propria sicurezza, perché la presenza di radicate superstizioni e ritualità tribali fanno degli albini una fonte di approvvigionamento di organi da impiegare in riti propiziatori da parte degli stregoni dei villaggi. Secondo le stime dei funzionari delle Nazioni Unite negli ultimi 10 anni le vittime di queste violenze sono state più di 75.

E’ attualmente in corso un dibattito circa l’inclusione o meno dell’albinismo fra le disabilità riconosciute universalmente, che richiedono maggiore protezione da parte delle istituzioni pubbliche. Essere albino comporta infatti limitazioni e restrizioni fisiche nelle proprie attività, non potendo ad esempio lavorare all’aperto ed avendo una maggior fragilità del sistema immunitario, ma anche come abbiamo visto di natura sociale e culturale. Alle persone affette da disabilità vengono riconosciuti i diritti umani come indicato dalla Convenzione delle Nazioni Unite: diritto alla vita, ad adeguati standard di vita e protezione sociale, di uguaglianza e non discriminazione, di libertà dallo sfruttamento, violenza e abuso e il diritto all’istruzione, alla salute, al lavoro. Nel 2014 il Consiglio per i Diritti Umani dell’Onu ha proclamato il 13 giugno Giornata Internazionale di Sensibilizzazione sull’Albinismo. Esistono leggi in Africa che proteggono gli albini, ma non sono sempre agite efficacemente. Inoltre poco è stato fatto per sensibilizzare la popolazione e sostenere i diritti degli albini. Nel 2008 il governo tanzaniano ha dichiarato crimine capitale l’omicidio di persone affette da albinismo, e nei 2 anni successivi sono state arrestate 170 persone, ma ciononostante pochi vengono condannati, a detta di alcuni per carenza di fondi da parte del sistema giudiziario. In risposta agli atti di violenza estrema nei confronti dei bambini albini il governo tanzaniano ha adottato una politica di trasferimento dei bambini albini dalle loro famiglie a speciali scuole e campi al fine di garantire la loro sicurezza. L’impatto però che questa forma di segregazione determina sulla vita e il benessere dei bambini allontanati dal loro ambiente familiare non è però stato preso in considerazione. Gli albini hanno diritto alla protezione della propria salute, all’accesso a servizi sanitari e a dotazioni che li proteggano dal sole. Devono essere informati fin da piccoli dei rischi che la loro condizione comporta, affinché possano adottare le misure preventive per proteggersi dai raggi solari.

Ma hanno anche il diritto di vivere nella propria comunità senza essere discriminati, rifiutati, emarginati. Il loro aspetto spesso viene stigmatizzato come una punizione, un segno di sventura, le stesse madri vengono spesso biasimate, accusate di tradimento con uomini bianchi o spiriti. Ciò ha comportato in molti casi il disconoscimento e l’abbandono da parte del padre o finanche della madre. Spesso viene negato anche il diritto all’istruzione per timore che nel tragitto verso la scuola vengano rapiti e mutilati.

Cosa si può fare per aiutare questi bambini? Quali canali utilizzare per sensibilizzare la popolazione circa la loro condizione e i loro diritti?

Se ben informati gli insegnanti possono essere un canale efficace per disseminare le conoscenze sulle origini genetiche della condizione e sulle cure preventive necessarie.

Anche i media possono costituire un ottimo canale per diffondere conoscenza e sensibilizzare le persone su questo fenomeno.

Le Nazioni Unite considerano inoltre la povertà come un fattore scatenante della violenza nei confronti degli albini, collegandovi i recenti cambiamenti sociali e l’aumento delle diseguaglianze nella società tanzaniana.

Il primo membro albino del Parlamento eletto in Tanzania è la sig.ra Kway-Geer che ha descritto così la sua infanzia: “quando ero alla scuola primaria, la gente rideva di me, mi prendeva in giro, alcuni non volevano neppure toccarmi per paura di prendere il mio colore. Per strada le persone mi insultavano quando prendevo l’autobus per andare a scuola, mi correvano dietro gridandomi “zeru zeru” (termine swahili spregiativo usato per identificare gli albini).

Questi comportamenti sociali costituiscono delle “barriere all’essere” perché compromettono la crescita dell’autostima nel bambino e lo sviluppo di relazioni sociali fino in età adulta. Continuano a evidenziare effetti negativi in età adulta, costituendo delle “barriere al fare”, poiché risulta difficoltoso ottenere un impiego e conseguentemente acquisire indipendenza economica e riconoscimento sociale. Di fatto bloccano lo sviluppo del senso di appartenenza e impediscono la piena integrazione nella comunità.

Le evidenze dimostrano che essere albini in Africa significa dover fronteggiare barriere sia all’essere che al fare, ma ci sono meno evidenze sui modi per superare queste barriere. La risposta del governo tanzaniano alle uccisioni di albini, includendo l’aumento della segregazione dei bambini albini, è a discapito dei diritti a loro spettanti, potenzialmente causando ulteriore danno alle vittime e alle famiglie. Il diritto alla vita e alla protezione non dovrebbero portare come conseguenza la perdita di altre libertà e diritti, quali vivere nella propria famiglia, lavorare nella comunità o spostarsi liberamente nel proprio paese.

Finché gli interventi non saranno basati su una concezione a 360° dei diritti umani i bambini albini saranno socialmente esclusi e segregati dalle loro famiglie e comunità.

Esiste in Tanzania un’isola che ospita la più grande comunità di albini, l’isola di Ukerewe sul lago Vittoria, che grazie all’aiuto di ONG si è dotata di una struttura medica specializzata nella cura dell’albinismo. Il sig. Kapole, portavoce della comunità albina della regione di Mwanza, da noi intervistato, ha vissuto per qualche tempo sull’isola, ma se ne è andato perché la stigmatizzazione del fenomeno era molto alta: alcuni abitanti di pelle nera non bevevano dalla tazza di un albino per paura di venire contagiati.

La segregazione, anche se a fin di bene, contravviene al diritto fondamentale a condurre una vita indipendente, ad accedere all’istruzione e al lavoro e a sviluppare relazioni sociali all’interno della comunità di appartenenza

Che soluzioni alternative alla segregazione?

Studi specifici su questo fenomeno hanno evidenziato l’importanza di azioni di informazione e sensibilizzazione delle comunità locali, soprattutto nelle zone rurali, sulla condizione degli albini e sui diritti di cui sono privati. I media, le ONG e gli organi di governo statali e territoriali potrebbero svolgere questo ruolo di informazione e sensibilizzazione.

Nelle zone rurali spesso l’unica possibilità di cura per la popolazione è costituita dagli stregoni, sciamani che praticano la medicina locale. Ovviamente non tutti utilizzano parti degli albini per i loro riti, ma con tutti è necessario affrontare gli aspetti culturali del fenomeno al fine di estirpare queste credenze.

Intervenire anche sugli albini stessi con servizi di supporto psicologico al fine di aumentare l’autostima e l’emancipazione, affinché non si sentano inferiori agli altri, solo perché diversi. Non è certo sorprendente inoltre che avere un lavoro porti ad un maggior livello di autostima.

Perseguire e punire chi si macchia di crimini contro gli albini è un’altra efficace azione volta a riconoscere e garantire il rispetto dei fondamentali diritti umani.

La famiglia e la comunità sono fondamentali per proteggere, affrontare e risolvere il problema.

Il sig. Kapole ha concluso l’intervista con due bellissime frasi:

"Siamo tutti sotto lo stesso sole" e "Ho 5 figli, nessuno affetto da albinismo, loro sono albini dentro".

Ci sentiamo pronti anche noi ad affermare: Sono albino dentro?